Author: Anders Ge.
“Con Kamimura non si legge, si sente. L’amore, il dubbio, il vento sulla pelle. Pagina dopo pagina, un capolavoro che parla con tutti i sensi.”
“Questa è la nostra miserabile vita! Quella in cui si scambia il sesso per amore!”
C’è un tratto di carta e d’inchiostro che, una volta visto, non si dimentica più. È il tratto di Kazuo Kamimura (上村 一夫), disegnatore e poeta, cronista del dolore amoroso e dell’intimità sociale nel Giappone postbellico. L’età della convivenza (Dōsei jidai, 1972–1973), una delle sue opere più celebri e struggenti, è un viaggio viscerale nel cuore pulsante di una relazione che sfida i confini della convenzione, dell’autodistruzione e della purezza assoluta. Un manga che è al contempo confessione lirica, analisi sociale e frammento autobiografico diffuso nei corpi e negli spazi dei protagonisti.
Un’estetica che trafigge l’anima
Lo stile di Kamimura, in questa opera, non è semplice decorazione, è narrazione pura, portatrice di senso, atmosfera, e tensione emotiva. La sua linea elegante, sottile, sempre prossima all’evanescenza, ha la capacità di rendere il fragile, il silenzioso e l’indicibile qualcosa di visibile e concreto. La poetica che emerge da ogni pagina è fatta di contrasti, tra il lirismo di un fiore mosso dal vento e la brutalità di un gesto inconsulto, tra la dolcezza di uno sguardo e il peso di un sospetto. Quando Kamimura raffigura un campo di fiori o un’onda che si infrange, non sta descrivendo solo la natura, ma sta penetrando nelle crepe dell’anima dei suoi personaggi, offrendo al lettore una dimensione sensoriale e meditativa.
La poesia, che spesso si fa parola nei dialoghi o nei pensieri interiori, assume un ritmo cadenzato, quasi musicale, grazie all’uso sapiente di anafore e ripetizioni. Ma è una poesia dolente, a volte feroce,
come un pugno nello stomaco lanciato contro un mondo che non ha spazio per amori fuori norma.
Dentro l’intimità di un Giappone che cambia
L’età della convivenza è ambientato nel Giappone degli anni Settanta, una nazione scossa da profondi cambiamenti culturali, politici e sociali. Il benessere economico postbellico aveva fatto irruzione nella vita quotidiana, ma con esso erano arrivati anche l’alienazione, la crisi d’identità e la nascita di nuovi movimenti giovanili. In questo contesto, l’idea di una coppia che sceglie la convivenza senza matrimonio non è solo una trasgressione sentimentale, ma un vero e proprio atto politico, una sfida al codice morale e familiare ancora profondamente ancorato a valori patriarcali.
Jirô e Kyôko vivono in un piccolo appartamento che sembra contenere tanto i loro sogni quanto le loro paure. La loro relazione è incandescente, carica di desiderio e disperazione, come se ogni carezza potesse essere l’ultima. Vivono fuori dal tempo sociale,
immersi nel proprio tempo emotivo, fatto di picchi e cadute. Entrambi cercano una forma di affermazione personale: Jirô attraverso l’arte, ma anche attraverso una virilità fragile e instabile; Kyôko con un’ostinata volontà di sopravvivenza, consapevole però del pericolo che incombe su ogni scelta, compresa la possibilità di una gravidanza, che la terrorizza più di quanto riesca ad ammettere.
Il passaggio in cui Kyôko si reca da uno psichiatra è emblematico: qui emerge tutta la tensione tra la superficie sociale e l’inquietudine interna. Non si tratta solo di sintomi individuali, ma di una società che sfilaccia i nervi dei suoi abitanti. Kyôko lavora, si adatta, ma resta pervasa dalla paura dell’abbandono, della responsabilità, dell’irrimediabile.
Stanze chiuse, corpi aperti
Uno degli elementi più distintivi dell’opera di Kamimura è l’uso degli spazi. L’interno e l’esterno non sono solo ambienti fisici, ma veri e propri stati psichici. L’appartamento dove vivono i protagonisti è un luogo a due facce, contrastante: contemporaneamente rifugio accogliente e trappola, nido d’amore e teatro di litigi. La claustrofobia che si avverte tra quelle pareti sembra riflettere i limiti della relazione, ma anche quelli imposti dalla società. È uno spazio di incubazione, nel quale l’amore si sviluppa ma anche si deforma e si modifica.
La rappresentazione degli ambienti borghesi è altrettanto significativa. La casa tradizionale, elegante e austera, ospita un poeta pericoloso, maschera della decadenza morale e del potere corrotto della cultura patriarcale. La grande villa moderna, simbolo del successo economico, nasconde invece la violenza domestica, contraddicendo di fatto la retorica rassicurante del benessere come
fonte di equilibrio. È qui che Kamimura mostra con maggiore forza la distanza tra apparenza e verità.
Anche la città stessa diventa un corpo, spesso ostile. Il treno, luogo pubblico e condiviso, viene all’inizio percepito da Kyôko come un ventre accogliente, il ritmo della massa che si muove rassicurante. Ma quando questo spazio si fa minaccioso — con un gesto di molestia — tutto cambia. Da quel momento il mondo esterno non è più un supporto, ma un rischio, un nemico.
La natura come respiro e verità
In contrasto con gli spazi urbani e domestici, Kamimura offre una visione quasi mistica della natura. Quando Jirô e Kyôko si abbandonano l’uno all’altra all’aria aperta, tra le onde del mare, i campi in fiore o i tronchi degli alberi, l’amore si libera da ogni filtro, si fa primordiale, autentico, disarmato. È solo in questi momenti che la relazione sembra trovare un respiro, una possibilità di innocenza.
Il sesso, che nel chiuso degli appartamenti appare spesso carico di tensioni e ambiguità, diventa qui atto puro, non più contaminato da obblighi sociali o paure interiori. Kamimura non esita a mostrare la fisicità dell’incontro, ma lo fa con uno sguardo rispettoso, poetico, privo di voyeurismo. È la conferma che l’eros, nella sua visione, non è mai sporco in sé, ma viene sporcato dalle finzioni imposte dalla società o dalle nevrosi individuali.
Un manga che si sente con il corpo
Ciò che rende L’età della convivenza un’esperienza tanto intensa è la capacità dell’autore di coinvolgere tutti i sensi. Kamimura non disegna solo per essere visto: le sue tavole si ascoltano, si annusano, si toccano, a volte perfino si gustano o si rigettano.
L’olfatto, in particolare, viene evocato con straordinaria precisione. Ci sono profumi che fanno sognare. La brezza marina, la pelle salata dopo l’amore, il profumo floreale dei capelli di Kyôko. Ma ci sono anche odori che fanno rabbrividire. Il sudore della paura, l’olezzo di corpi non desiderati, il tanfo della violenza.<brZ Anche i suoni sono centrali, seppure assenti nella loro forma reale. Il silenzio pesante di una stanza vuota, il rumore ritmico del treno, la pioggia battente su una finestra, tutto contribuisce a costruire un universo acustico che avvolge il lettore. Questo manga si sente come si sente una canzone (malinconica),
fatta di pause, sospensioni, e improvvisi assoli emotivi.
Persino il tatto è coinvolto. Si percepisce il freddo di una maniglia abbandonata, il caldo del corpo amato, la carezza che lenisce e quella che ferisce. Si avverte la pioggia che graffia il viso, le lenzuola stropicciate, la pelle toccata dal vento. È una sinestesia che rende ogni lettura fisicamente partecipe.
Un’opera universale travestita da storia d’epoca
Pur essendo legata a un tempo e a un luogo specifico — il Giappone degli anni Settanta — L’età della convivenza ha la forza delle storie universali, che trascendono i luoghi e il tempo. Parla di amore e di identità, di desiderio e solitudine, di ribellione e compromesso. Ogni lettore, a qualsiasi latitudine, può riconoscersi nella lotta di Kyôko e Jirô, nel loro bisogno di essere amati e capiti, nella loro incapacità di trovare uno spazio che sia davvero proprio.
Kamimura ci parla di cose grandi attraverso cose minuscole: una stanza in penombra, una goccia di pioggia, un bacio dato a metà, un gesto rifiutato, un desiderio confessato troppo tardi. Non c’è niente di eclatante nel loro vissuto, eppure è proprio questa quotidianità che diventa epica, nella sua struggente (e banale?) tensione tra il possibile e l’impossibile.
Una bellezza che ferisce
L’età della convivenza è uno di quei manga che lasciano il segno, non per la loro trama, ma per la profondità con cui riescono a scavare nell’animo. È un’opera che mette a nudo le contraddizioni dell’amore, la violenza dell’intimità, la dolcezza e la crudeltà del desiderare. Un manga da leggere lentamente, lasciandosi attraversare, pagina dopo pagina, da quel flusso di emozioni che l’autore conduce come un direttore d’orchestra invisibile.
Kyôko e Jirô non sono solo dei personaggio, bensì un prisma emotivo attraverso il quale sentiamo, pensiamo, respiriamo.
E Kazuo Kamimura, con il suo tratto sospeso tra l’inchiostro e la musica, ci regala non una storia d’amore, ma un’ode alla vulnerabilità.
Voto: ★★★★★ su 5
Con Dōsei jidai - Quando vivevamo insieme, Kazuo Kamimura firma un capolavoro assoluto del manga d’autore, un’opera che trascende il genere sentimentale per toccare vertici di poesia visiva e psicologica. Il suo tratto elegante si fonde con una scrittura intensa e sensoriale, capace di evocare dolore, bellezza e desiderio con la stessa delicatezza di un soffio. Una lettura indimenticabile, che colpisce nel profondo e continua a risuonare a lungo dopo l’ultima pagina.
Una delle opere più poetiche e sensuali del fumetto giapponese del Novecento. Un classico che sfida il tempo e le categorie.
Nato il 7 marzo 1940 a Yokosuka, nella prefettura di Kanagawa, fin dalla prima infanzia Kazuo Kamimura (上村 一夫) dimostra una spiccata inclinazione per il disegno. Dopo aver frequentato la prestigiosa Università d’Arte di Musashino, dove si specializza in design, muove i primi passi nel mondo della comunicazione visiva lavorando per l’agenzia pubblicitaria Senkōsha, che lo assume nel 1962. Tuttavia, è solo pochi anni dopo che trova la sua vera vocazione: il fumetto.
Il debutto ufficiale come mangaka avviene nel 1967 con Kawaiko Sayuri-chan no daraku (La degradazione della graziosa Sayuri), a cui fa seguito l’anno successivo Parada, prima di una serie di collaborazioni con lo sceneggiatore e amico Yū Aku. Quest’ultimo lavoro si rivela decisivo nel consolidare la sua reputazione di artista dallo stile raffinato e personale, aprendo la strada a una carriera intensa e
prolifica.
Il successo di pubblico arriva nel 1971 con Maria, ma è nel 1972 che Kamimura conosce la definitiva consacrazione grazie a due opere fondamentali: Lady Snowblood, scritta da Kazuo Koike (celebre anche per il suo adattamento cinematografico) e L’età della convivenza (Dōsei jidai), manga intimista che diventerà uno dei simboli della sua poetica.
Quentin Tarantino ha utilizzato il tema musicale del film di Lady Snowblood nella colonna sonora di Kill Bill Vol. 1(2003), che condivide una trama simile e, nel 2009, Ed Brubaker, Marko Djurdjevic e Clay Mann hanno creato il personaggio di Lady Bullseye per la serie Marvel Daredevil, come tributo al personaggio di Shurayuki, la protagonista di Lady Snowblood.
Durante gli anni Settanta, Kamimura è tra gli autori più richiesti dalle riviste di fumetto giapponesi, e la sua produzione
raggiunge livelli vertiginosi. Tra i suoi titoli più significativi, oggi disponibili anche in Italia grazie al lavoro editoriale di Edizioni BD|J-Pop prima e Coconino Press successivamente, spiccano Il fiume Shinano (Shinanogawa, 1973-1974), Il parco dei cervi (Shika no Sono, 1976, disegni su storia di Norifumi Suzuki) e Tredici notti di rancore (Onryō jūsanya, 1976), alcune tra le opere che rappresentano al meglio il suo sguardo lirico e malinconico sul Giappone, tra memoria storica, sensualità e tensione drammatica. A questi si aggiungono titoli altrettanto intensi come Folli passioni (Kyoujin Kankei, 1973), Il club delle divorziate (Rikon Kurabu, 1974-1975), I fiori del male (Aku no Hana, 1975, disegnato su storia di Hideo Okazaki) e Cannibale (Hitokui, 1971, sceneggiato da Yū Aku) che affrontano con
lucida sensibilità il tema del desiderio, della fragilità emotiva e della condizione femminile.
Molte delle sue storie hanno ispirato film, adattamenti televisivi e persino canzoni, a testimonianza di un immaginario potente e trasversale, capace di superare i confini del fumetto e di lasciare un segno profondo nella cultura popolare giapponese.
Nel suo studio, divenuto un vero e proprio laboratorio di talenti, si sono formati futuri maestri come Jirō Taniguchi (1947-2017 - Al tempo di papà, In una lontana città, Ai tempi di Bocchan, Gourmet) autore di culto della nouvelle manga, e Hitoshi Iwaaki, noto per il celebre Kiseiju - L’ospite indesiderato (Kiseiju). La sua influenza si è dunque estesa ben oltre la sua stessa opera, contribuendo a plasmare una nuova sensibilità grafica e narrativa all’interno del panorama fumettistico nipponico.
Affetto da un tumore alla laringe, Kamimura muore
prematuramente l’11 gennaio 1986, a soli 45 anni. La sua scomparsa segna la fine di una parabola artistica breve ma intensa e luminosa, che ancora oggi continua a ispirare lettori e autori in tutto il mondo. Il suo tratto sottile e vibrante, il suo modo unico di raccontare l’amore, la sofferenza e la bellezza, lo rendono una figura imprescindibile nella storia del manga moderno.
L’età della convivenza — Vol. 1
(Dōsei jidai, 1972–1973)
L’età della convivenza - Vol. 2
(Dōsei jidai, 1972–1973)
L’età della convivenza - Vol. 3
(Dōsei jidai, 1972–1973)
storia e disegni
Kazuo Kamimura
editore: Edizioni BD - J-Pop
origine: Giappone
lingua: Italiano
pagine: 700
colore: b/n
2017