Author: Anders Ge.
Dalla satira universitaria ai Pulitzer, dalle guerre raccontate in striscia alle battaglie civili disegnate giorno per giorno, Doonesbury è la cronaca ironica di un’America che cambia, senza mai perdere il gusto di farsi beffe del potere.
Pochi fumetti possono vantare una genesi così radicata nello spirito di un’epoca di cambiamenti come Doonesbury. Siamo nei primi anni Settanta, nel cuore dell’America studentesca in fermento: contestazioni, occupazioni, raduni contro la guerra, la musica di Dylan e dei Jefferson Airplane come colonna sonora di un’intera generazione che sfida l’autorità costituita. È in questo clima che un giovane Garry Trudeau, studente alla Yale University, trasforma la sua curiosità per la politica e la sua ironia corrosiva in un laboratorio di satira a vignette.
Nasce così Bull Tales, striscia pionieristica che Trudeau pubblica sul Yale Daily News. A colpire è subito la capacità di cogliere, tra le mura di un campus universitario, la febbre di un paese diviso tra tradizione e ribellione. Il protagonista, B.D., è ispirato
apertamente a Brian Dowling, vera stella del football universitario di Yale che nel fumetto diventa la maschera dell’americano medio, caschetto (da football) sempre in testa, a metà tra il campione sportivo e il soldato spedito in Vietnam. Una figura emblematica che, pur nella sua apparente normalità, porta sulle spalle tutte le contraddizioni di quella generazione, dall’orgoglio patriottico alle incertezze, passando per le paure e i compromessi.
Eppure, non fu la sola idea del personaggio a sorprendere. La vera forza di Bull Tales era l’irriverenza dei contenuti. Trudeau non temeva di infilare in una striscia umoristica argomenti scomodi: sesso, droga, la musica rock che scardina la morale puritana, le occupazioni studentesche, l’ombra lunga del Vietnam. In poche vignette, la striscia diventava uno spaccato crudo e irriverente (ma ironico) della controcultura universitaria.
Il caso vuole che quella voce nuova finisca nelle mani
giuste. Il neonato Universal Press Syndicate1, alla ricerca di una strip capace di rompere gli schemi del fumetto familiare e rassicurante, vede in Bull Tales la scintilla di un nuovo linguaggio. La trattativa tra Trudeau e i fondatori dell’agenzia, raccontata in una delle prime strisce di Doonesbury, ebbe risvolti quasi surreali: un contatto in incognito, un contratto ventennale offerto — e prontamente rifiutato dal giovane cartoonist — e infine l’accordo raggiunto su basi più eque. Il debutto di Doonesbury su scala nazionale avviene nel 1970 è subito segnato da un colpo di scena degno di una striscia umoristica: la valigia con le tavole originali delle prime sei settimane viene rubata dall’auto di Trudeau. Un episodio che sembra quasi prefigurare lo stile della sua carriera, fatta di ironia, imprevisti, un piede nel reale e uno nel paradosso. Quello che era nato come
un foglio di satira tra studenti si trasforma così, quasi per scommessa, in uno specchio graffiante dell’America di Nixon e dell’era Watergate e, di lì a poco, di ogni nuova stagione di cambiamento.
Alcuni personaggi della striscia
Quando Doonesbury fa il suo ingresso nei quotidiani di tutto il paese, qualcosa cambia nella percezione di cosa poteva o doveva essere una comic strip. Non è più soltanto un passatempo leggero, una sequenza di battute scollegate per chiudere le pagine del giornale con un sorriso. Doonesbury è una finestra spalancata sulla società americana, con tutte le sue contraddizioni, i suoi tabù e le sue battaglie civili ancora aperte.
Trudeau porta la politica nella striscia con una naturalezza che spiazza molti editori. La sua penna affilata non risparmia nessuno: dai presidenti ai parlamentari, passando per i poteri forti e le istituzioni militari, tutti possono finire nel mirino dell’autore. Basta poco perché arrivino proteste, tagli e minacce di censura. Ma è proprio questa capacità di prendere posizione a fare di Doonesbury un caso unico. Non a caso, è la prima striscia a fumetti a vincere il Premio Pulitzer per il
miglior commento editoriale, un riconoscimento che di solito spetta a editorialisti di punta, non certo a un cartoonist con un segno stilizzato e battute sarcastiche.
Ma la vera forza di Doonesbury non sono solo le battute al vetriolo. Sono i personaggi, che nel tempo crebbero, invecchiarono, sbagliarono, caddero e si rialzarono, proprio come fanno le persone vere. Andy Lippincott, per esempio, è il primo personaggio dichiaratamente gay in una strip mainstream, Trudeau lo fa morire di AIDS in piena emergenza sanitaria, quando l’America ancora fatica anche solo a pronunciare quella parola. Il necrologio di Andy appare non solo sulle tavole della strip, ma anche sulle pagine del San Francisco Chronicle, a dimostrazione di quanto la finzione fosse diventata realtà collettiva.
Il necrologio di Andy Lippincott
Non meno dirompente è il coming out in diretta di Mark Slackmeyer, speaker radiofonico della NPR (National Public Radio), un personaggio che passa dall’essere attivista radicale a cronista, e infine a icona LGBTQ+, riflettendo l’evoluzione di una generazione passata dalle barricate alla normalità borghese. O anche Joanie Caucus, una madre di famiglia che abbandona un matrimonio infelice per iscriversi a legge e dedicarsi alla causa femminista. Un personaggio ispirato a una cugina di Trudeau, simbolo di quella nuova onda di emancipazione che negli anni Settanta cambia volto alla società americana. Non è una macchietta Joanie e come, gli altri protagonisti di Doonesbury, invecchiava, affrontava i problemi di una carriera, di un figlio, di una pensione, fino a diventare nonna. Una galleria di vita, più che di satira.
Poi c’è Zonker Harris, forse l’emblema
più surreale di questa galleria umana. Eterno hippy, surfista svitato e gentile, rimasto sempre uguale a se stesso mentre il mondo invecchia intorno a lui. Se B.D. era il soldato disciplinato e Mark l’attivista disilluso, Zonker è l’ultimo ingenuo, testardo nel non voler crescere. “Lo Snoopy di Doonesbury”, come Trudeau lo definì più volte. Negli anni Duemila, Zonker diviene coltivatore di marijuana ricreativa, a conferma di come la striscia sappia intercettare i mutamenti di costume ben prima di molti editorialisti.
Se c’è un aspetto che rende Doonesbury ancora oggi unico nel panorama dei fumetti mainstream è il modo in cui Trudeau ha saputo raccontare la guerra, anzi, le guerre, perché nel corso di cinquant’anni la striscia ha attraversato tutti i principali conflitti americani, dal Vietnam all’Iraq.
In questo racconto, nessuno è stato più importante di B.D. Sin dalle prime vignette universitarie, B.D. è l’immagine del ragazzo americano medio: quarterback, patriota, allineato ai valori tradizionali. Ma il suo elmetto, dapprima da football, diventa presto un simbolo ben più serio quando, tra le strisce, B.D. parte volontario per il Vietnam. Era il 1971 e Trudeau decide di spedire il suo personaggio in guerra, non per eroicizzarlo, ma per mostrare come un giovane qualsiasi potesse trovarsi a fronteggiare un conflitto lontano, con tutte le sue contraddizioni.
B.D. torna, diviene marito, padre, allenatore, ma Trudeau non lo lascia mai in pace: quando scoppia la
guerra del Golfo, lo rimanda al fronte. Poi di nuovo in Iraq, dopo l’11 settembre. Ed è proprio lì, a Fallujah, nel 2004, che Trudeau compie una delle scelte narrative più radicali nella storia delle strip americane: B.D. perde una gamba. La scena è ancora oggi un colpo allo stomaco, la striscia mostra la detonazione, il silenzio, l’elmetto che cade (e B.D. senza “casco” per la prima volta) e poi la degenza, la protesi, la rabbia, la depressione, i fantasmi che tornano a casa con lui.
Con questo gesto, Trudeau fe qualcosa che pochissimi autori di fumetti umoristici hanno osato: porta il trauma, la disabilità, la sindrome da stress post-traumatico sulle pagine di un quotidiano letto da milioni di famiglie. L’impatto è tale che il Pentagono, invece di offendersi, invita Trudeau a visitare Walter Reed, il centro di riabilitazione per i feriti di guerra. Lì nasce
The Sandbox, un blog ospitato da Doonesbury dove soldati e veterani raccontano in prima persona le loro storie, senza filtri, in uno scambio continuo tra finzione disegnata e testimonianza reale.
In un’intervista, Trudeau spiega2: «L’infortunio di B.D. è stato un modo per mantenere l’attenzione sulle difficoltà di un guerriero ferito per un periodo di tempo prolungato, cosa che il giornalismo convenzionale ha difficoltà a fare”, ha detto Trudeau. “Non importa quale sia la vostra posizione su questa guerra, distogliere lo sguardo dai suoi terribili costi è inconcepibile».
Anche qui Doonesbury conferma la sua natura di strip che, sotto la scorza ironica, sa diventare documento civile, cronaca di ciò che spesso la politica preferisce non mostrare. E ancora una volta, i lettori ritrovano in un personaggio di carta le ferite vere di una generazione.
Mappa dei personaggi
Negli anni Settanta Doonesbury era la striscia di rottura; negli Ottanta era la voce pungente che si prendeva gioco di Reagan e dei conservatori; nei Novanta attraversava la presidenza Clinton con sarcasmo e uno sguardo disincantato su scandali e contraddizioni. Ma la vera prova di longevità è arrivata con il nuovo millennio. Come fare a restare rilevanti quando la carta stampata perde terreno e l’opinione politica si sposta sul web? Anche qui Garry Trudeau ha dimostrato di saper reinventare se stesso.
All’apice, Doonesbury era pubblicato da quasi duemila testate in tutto il mondo, un record per una striscia che spesso finiva non nella pagina di intrattenimento, ma in quella degli editoriali, fianco a fianco con le firme più rispettate. Non pochi direttori di giornale hanno dovuto spiegare ai lettori perché la vignetta di Trudeau fosse più “scomoda” di
un’intera colonna di editorialisti. La censura, in fondo, ha sempre accompagnato la storia di Doonesbury: strisce bandite, vignette “saltate” perché troppo graffianti, battute censurate durante campagne elettorali infuocate.
Eppure, nel 2014 Trudeau ha deciso di sospendere la striscia quotidiana. I tempi stavano cambiando e l’informazione correva su Twitter (ora X), le battaglie sociali si accendevano online e la satira doveva trovare un nuovo linguaggio per non diventare un semplice esercizio nostalgico. Così è rimasta viva la striscia domenicale, che ancora oggi arriva in migliaia di case, ma soprattutto Doonesbury è migrato sul web e sui social, sperimentando nuove forme di racconto.
Come nel caso di Roland B. Hedley Jr., il cronista vanesio, egoista, quasi caricatura del giornalismo-spettacolo. Trudeau ha trasformato questo personaggio in un vero account Twitter e con un
flusso di tweet satirici commenta in diretta l’America dell’era Trump. Un esperimento di satira transmediale che dimostra come Doonesbury non sia solo una striscia, ma anche (soprattutto?) un organismo narrativo capace di adattarsi a canali diversi, pur restando fedele al suo sguardo ironico e sincero.
Trudeau, da parte sua, non ha mai smesso di difendere la sua libertà autoriale. Ha scritto per la TV, ha portato le sue storie in musical teatrali, ha raccolto le sue strisce in archi narrativi su decine di volumi, che oggi sono diventati vere e proprie cronache illustrate della società americana dal Watergate al #MeToo. Per molti studiosi di fumetto e cultura popolare, Doonesbury è a tutti gli effetti un archivio satirico della storia americana, una macchina del tempo che permette di ripercorrere cinquanta anni di politica, costume, conquiste civili, crisi e rinascite, filtrate da un tratto grafico solo in
apparenza semplice.
Non è un caso che ancora oggi molte università americane organizzino seminari e mostre su Doonesbury, analizzando come la striscia abbia saputo (e ancora sa) raccontare in tempo reale ciò che i libri di storia avrebbero spiegato solo anni dopo.
In cinquant’anni di satira disegnata (purtroppo poco presente in Italia, probabilmente anche a causa del forte legame con le vicende degli Stati Uniti), Doonesbury è riuscito in un’impresa rara e assai difficile, quella di restare sempre fedele a se stesso pur trasformandosi. Ha attraversato presidenti, guerre, rivoluzioni culturali e rivoluzioni digitali. I suoi personaggi sono cresciuti, sono invecchiati (tranne alcuni, come Zonker Harris, che restano immutabili, a ricordarci che, anche nel tempo, tutto può cambiare tranne lo spirito libero di chi, con un sorriso, sfida l’autorità) e in certi casi sono anche morti.
Oggi, chi sfoglia una vecchia raccolta di Doonesbury di Garry Trudeau sfoglia un pezzo di storia americana, filtrata da una penna arguta e un segno grafico che hanno saputo raccontare, con poche linee e dialoghi fulminanti, mezzo secolo di trasformazioni, in tempo reale, una
striscia alla volta.
Doonesbury è la sua firma: una striscia che continua a sfidare il potere con ironia.
Nato a New York City nel 1948 e cresciuto a Saranac Lake, Garry Trudeau è uno dei più importanti autori satirici americani. Si è formato alla Yale University, dove ha conseguito un Bachelor of Arts (B.A.) e un Master of Fine Arts (M.F.A.)3 in graphic design. Proprio a Yale da vita alla striscia Bull Tales, pubblicata sullo Yale Daily News e che fornirà, nel 1970, la base per Doonesbury, la striscia che ha rivoluzionato il fumetto politico negli Stati Uniti e nel mondo. Oggi Doonesbury è pubblicato su quasi 1.200 quotidiani e domenicali a livello globale e le raccolte hanno venduto oltre 7 milioni di copie in 64 edizioni tra hardcover, trade
paperback e tascabili.
Trudeau è stato il primo autore di comic strip a vincere un Premio Pulitzer per la satira editoriale e fu finalista altre tre volte. Tra le sue pubblicazioni recenti spiccano Dbury@50: The Complete Digital Doonesbury (2020) e Day One Dictator: More Doonesbury in the Time of Trumpism_ (2024), quinto volume della sua serie dedicata alla satira su Trump (facente parte sempre di Doonesberry).
Il suo talento narrativo lo ha portato anche oltre la carta stampata. Nel 1977 co-diresse con John e Faith Hubley il cortometraggio d’animazione A Doonesbury Special, nominato agli Oscar e premiato a Cannes. Per Broadway firma il libretto e i testi del musical Doonesbury (1983), candidato a due Drama Desk Awards e a un Grammy per l’album cast. Con la compositrice
Elizabeth Swados4 scrive a Rap Master Ronnie5, satira dell’era Reagan portata in scena e in TV tra il 1984 e il 1988.
Nel 1988 Trudeau collabora con Robert Altman a Tanner ’88_, una miniserie HBO di culto sulla corsa presidenziale di quell’anno, vincitrice di numerosi premi, tra cui un Emmy, un ACE Award e un oro a Cannes. La coppia si riunì per il sequel Tanner on Tanner nel 2004.
Sempre innovativo, Trudeau sperimenta l’animazione digitale in tempo reale con il progetto Duke2000 (2000) e nel 2013 idea Alpha House, la prima sitcom politica prodotta da Amazon Studios e
interpretata da John Goodman, circondato da un cast corale di star.
Accanto a Doonesbury, Trudeau ha scritto articoli per testate come Harper’s, Rolling Stone, The New Republic, The New Yorker, The Washington Post e Time Magazine. È stato editorialista per il New York Times, ha ricevuto lauree honoris causa da Yale, Duke, Colgate, Williams e altre 27 università ed è membro della American Academy of Arts and Sciences.
Profondamente impegnato nel raccontare la realtà dei veterani di guerra, ha ricevuto numerosi riconoscimenti dal Dipartimento della Difesa, dai Veterans of America e da associazioni per disabili e reduci. Tra il 2005 e il 2014 il suo sito ha ospitato The Sandbox, un blog collettivo con oltre 800 contributi di soldati, famiglie e caregiver. Attualmente vive a New York City con la moglie, la
giornalista Jane Pauley, con la quale ha tre figli ormai adulti.
Universal Press Syndicate (UPS). fondata nel 1970 come parte del gruppo Andrews McMeel Universal, è stato uno dei principali syndicate editoriali indipendenti degli Stati Uniti. Specializzata nella distribuzione di comic strip, rubriche di costume e opinione, UPS ha portato nelle pagine dei quotidiani firme celebri come Dear Abby, Doonesbury, Ann Coulter, Roger Ebert e la colonna satirica News of the Weird. Dal 2009, dopo la fusione con Uclick — piattaforma digitale per la pubblicazione di fumetti su GoComics — l’agenzia è diventata Universal Uclick, oggi conosciuta come Andrews McMeel Syndication.
The Spokesman-Review (5 giugno 2005): B.D. returns from war
Il Bachelor of Arts (B.A.) è una laurea di primo livello, di solito di quattro anni, centrata su discipline umanistiche, sociali o artistiche come letteratura, storia o filosofia. Il Master of Fine Arts (M.F.A.), invece, è un titolo post-laurea di natura pratica, pensato per chi vuole specializzarsi in arti come scrittura creativa, pittura, cinema o teatro; è considerato un titolo professionale e richiede spesso la realizzazione di un progetto artistico originale.
Elizabeth Swados (1951–2016) è stata una compositrice, regista e autrice americana nota per il suo approccio sperimentale al teatro musicale. Oltre a Rap Master Ronnie, collaborò con Garry Trudeau anche per il musical di Broadway Doonesbury (1983), firmando le musiche e contribuendo a dare forma all’adattamento teatrale dell’universo satirico della striscia.
Rap Master Ronnie è stata una serie di commedie musicali satiriche ideate da Garry Trudeau ed Elizabeth Swados negli anni ’80. Nato come spettacolo off-Broadway nel 1984, il progetto prese diverse forme, tra cui un video musicale e un film TV interpretato dagli Smothers Brothers, Carol Kane e Jon Cryer. Tutte le versioni ruotavano intorno a una finta pubblicità elettorale di Ronald Reagan, puntando a mettere in ridicolo le sue politiche sociali, specialmente su droga e minoranze. Lo spettacolo suscitò reazioni critiche contrastanti, dividendo pubblico e stampa.
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