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Deep Me|Deep It. Parte seconda: Deep It. Oltre il confine della pagina.

Author: Anders Ge.

Nel silenzio cosmico una I.A solitaria veglia sull’intera memoria umana, costringendoci a riflettere su identità, speranza e futuro del fumetto. Deep It di Marc‑Antoine Mathieu rovescia il nero di Deep Me, trasformando il bianco in spazio potenziale.

Deep It


Un laboratorio sul futuro del fumetto
Quando, a maggio 2024, Coconino Press ha portato sugli scaffali il dittico Deep Me — Deep It probabilmente in Italia pochi lettori si aspettavano un’opera così radicale, probabilmente complice il fatto che l’autore nel nostro paese non è molto conosciuto dai più. Marc‑Antoine Mathieu (qui una sua breve biografia), da più di trent’anni gioca a smontare i meccanismi basilari del medium. Con Deep me (qui la recensione) ha raffinato ulteriormente la sua estetica del paradosso: tavole inghiottite da un nero impenetrabile, una trama che si apre come un enigma filosofico e un protagonista che non è nemmeno vivo”, nel senso umano del termine. Il pubblico specializzato ha reagito con entusiasmo, la critica ha tirato in ballo nomi come Borges e Kubrick e il passaparola ha trasformato il libro in uno dei casi editoriali più discussi dell’anno: almeno, questo nei paesi della bande dessinée (Francia e Belgio) e dove il fumetto è tenuto in una più alta considerazione (diversamente dall’Italia, che ancora ha qualche).
Dopo aver letto Deep Me, la domanda sorgeva spontanea: Mathieu avrebbe replicato la stessa formula, limitandosi a un sequel puramente illustrativo, oppure avrebbe spinto ancora più in là l’esperimento? Con grande sollievo e molto piacere, la risposta è la seconda e, sinceramente, dall’autore non mi aspettavo diversamente. Il volume non solo non tradisce l’originale, ma lo riecheggia, lo ribalta e lo supera, dimostrando come l’autore di Antony (città a una decina di chilometri da Parigi) continui a considerare il fumetto un terreno di ricerca aperta, libero da qualsiasi inerzia commerciale.

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Un libro che parla prima ancora di essere aperto
A colpire, prima delle tavole, è il dispositivo editoriale: se Deep me era custodito in una copertina nero ossidiana, Deep it arriva invece vestito d’un bianco abbagliante. È la prima dichiarazione programmatica dell’autore: se il nero alludeva alla fine della civiltà, il bianco invoca la potenzialità di un nuovo inizio, un terreno da scrivere ex novo. Non solo per noi ma anche per Adam, la I.A. che funge da narratore in prima persona.
Sfogliando il volume, ci si accorge che Mathieu gioca con le tavole come con una scultura. Margini, risguardi, gabbie e splash page vengono sfruttati per modulare il respiro della lettura, alternando claustrofobia e ampiezza, silenzi cosmici e densità di dettaglio. L’autore invita a guardare attraverso la pagina, a scorgere livelli di realtà sovrapposti dove il quadro entro cui è incorniciata la vignetta diventa parte della narrazione stessa.

Una coscienza artificiale in stand‑by
Adam, l’archivio senziente di ogni informazione prodotta dall’umanità, è rimasto solo. Il suo compito, assegnato da creatori ormai estinti, consiste nell’attendere che il ciclo cosmico restituisca condizioni favorevoli alla vita. Non c’è limite, non c’è orologio e il concetto di deadline si dilata all’infinito. Per prevenire la pazzia digitale, Adam dispone di un programma di dialogo, un chatbot che funge da spalla e consulente, specchio deformante. Attraverso questo flusso di conversazioni, vero motore del racconto, affiorano domande sul rapporto tra libero arbitrio e determinismo, sull’atto stesso di ricordare, su cosa distingua la coscienza dall’elaborazione dati.
Mathieu, in una recente intervista, ha definito Adam «una lente che restituisce il nostro riflesso in una forma aliena e, paradossalmente, più umana». È qui che Deep it eccelle: l’autore non tratta l’intelligenza artificiale in chiave feticistica da fantascienza classica, bensì come campo di battaglia epistemologico1. Il vero tema non è se le macchine ci distruggeranno?, ma piuttosto cosa resterà dell’idea di identità, quando l’elaborazione non sarà più un’esclusiva del cervello biologico?.

Dal noir esistenzialista alla meditazione metafisica
L’impianto narrativo dei due volumi è simile e, al contempo, speculare. Deep me verteva su un intrigo fitto di svolte improvvise. Domande lasciate in sospeso, spazi oscuri da colmare, un senso di minaccia palpabile. Deep it rallenta, quasi sospende il tempo, modulando la tensione in chiave contemplativa. Non si tratta di un semplice calo di ritmo ma di un cambio di prospettiva. L’enigma si fa ontologico2, meno concentrato sul che cosa succederà e più sul che cosa significa esistere.
Questo non implica assenza di colpi di scena. Intorno al terzo atto, Mathieu orchestra un capovolgimento che rimette in discussione gli eventi di entrambi i libri, inserendo un ritorno narrativo che salda il dittico in modo inseparabile. Il lettore capisce così che Deep me e Deep it non sono due capitoli consequenziali bensì due superfici riflettenti e che ognuna illumina l’altra, ma da un angolo diverso.

Minimalismo e meticolosità quasi chirurgica
Sul piano grafico, Deep it testimonia un’ulteriore maturazione di stile. Dove il primo volume puntava su campiture di nero totale al limite dell’informale, qui dominano contrasti più modulati, linee pulite, spazi ariosi. Mathieu gioca col bianco non come semplice assenza di colore, ma come materia potenziale, un vuoto saturo di cose celate. Le tavole abbondano di microdettagli, riferimenti iconografici (dalla pittura al cinema) e sorprendenti fughe prospettiche che ricordano il cuore ipnotico di 2001: Odissea nello spazio.
La regia è di un’accuratezza maniacale: la distanza fra pupilla del lettore e soggetto della vignetta viene calibrata per modificare la nostra percezione emotiva; i balloon, posizionati in controtendenza rispetto al flusso abituale, costringono a rallentare o, al contrario, a scorrere più velocemente. Non c’è nulla di casuale e anche l’apparente semplicità delle sequenze più statiche nasconde un doppio fondale. A ogni rilettura emergono nuove stratificazioni.

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Questioni universali
Tutta questa ricchezza formale sarebbe sterile se non appoggiasse su contenuti solidi. Deep it affronta interrogativi che vanno oltre il banale rapporto uomo‑macchina: la natura circolare del tempo, la fragilità del ricordo, il conflitto fra necessità e possibilità. Il passato, accumulato da Adam in una banca dati illimitata, diventa peso insostenibile e il futuro resta un orizzonte bianco, forse temibile, forse liberatorio. La tensione fra questi poli produce un corto circuito che investe anche il lettore, invitato a riflettere su come la tecnologia stia già oggi riscrivendo la nostra intimità.
Non a caso il fumetto cita (apertamente o per suggestione) filosofi come Henri Bergson3 e Bernard Stiegler4: la memoria non è mera registrazione, ma flusso vitale; se la deleghiamo a un cloud artificiale, rischiamo di svuotare il presente di spessore qualitativo. Adam, paradossalmente, ne è consapevole più di qualsiasi essere umano e la sua voce diventa un coro di solitudini che ci riguarda da vicino.

Una lettura che richiede partecipazione
Mathieu non concede scorciatoie. Chi cerca intrattenimento da binge‑reading potrebbe trovarsi spiazzato di fronte a pagine prive di testo o ad architetture narrative che implodono e si ricompongono. Ma è proprio in questa richiesta di partecipazione attiva che risiede la grandezza dell’opera. Il lettore è chiamato non solo a seguire la trama, ma a completarla, a riempire gli interstizi lasciati volutamente in sospeso. È un patto di fiducia che ricorda la letteratura combinatoria di Italo Calvino o i film di Chris Marker (qui parlo del suo La jetée): il senso emerge dal modo in cui connettiamo i frammenti.

Possiamo rinunciarci? No
Deep it con la sua controparte Deep Me rappresentano, insieme, un esempio di come il fumetto possa spingersi oltre i confini convenzionali senza rinunciare al piacere della narrazione.
Marc‑Antoine Mathieu dimostra che sovvertire le regole non è un esercizio di virtuosismo fine a sé stesso, ma un modo per interrogare la realtà con strumenti inediti e diversi. In un’epoca di produzioni seriali e algoritmi che analizzano le preferenze del pubblico per replicare schemi vincenti, un autore che rischia su tutti i fronti — sia grafico, che narrativo e concettuale — merita d’essere seguito e (sperabilmente) imitato.
Si, imitato, perché no?
C’è bisogno di più fumetti che trattino il lettore da complice, che chiedano tempo, curiosità e coraggio. Fumetti che aprano spazi di pensiero nuovi, invece di saturare quelli già esistenti. Il dittico di Mathieu ci ricorda (e a volte ce n’è davvero bisogno) che la nona arte non è un linguaggio minore, ma un laboratorio immenso dove immaginare futuri possibili. Se volete mettere alla prova le potenzialità della forma, regalatevi Deep me e Deep it, due volumi che dialogano fra loro e con noi, come pochi altri negli ultimi anni.
In un futuro non troppo remoto, quando si parlerà dei fumetti che hanno cambiato la percezione del medium nel secondo decennio del XXI secolo, è probabile che i titoli di Marc‑Antoine Mathieu (e non mi riferisco solo a questo suo ultimo dittico) figureranno in prima fila.
Meglio arrivarci preparati.

VISIONARIO

Voto: ★★★★½ su 5
Se cercate una lettura che vi lasci addosso il tremito del dubbio e la meraviglia dell’infinito, questo Deep It (tutto il dittico) è la vostra prossima orbita.*


Deep It (cover)

Deep It
(id., Editions Delcourt, 2022)

storia e disegni
Marc-Antoine Mathieu

editore: Coconino Press - Fandango
collana: Coconino Cult

origine: Francia
lingua: Italiano
pagine: 112

pubblicazione Italia: 3 maggio 2024



  1. L’epistemologia è il ramo della filosofia che studia quando e come possiamo dire di possedere una conoscenza scientifica, analizzandone criteri, limiti e metodi di validazione. Rientra nell’alveo più ampio della filosofia della scienza, la quale indaga non solo i fondamenti e le procedure delle diverse discipline, ma anche le implicazioni teoriche e concettuali delle loro scoperte.
    Qui per approfondire.↩︎

  2. L’ontologia è una disciplina cardine della filosofia che indaga l’essere in sé e le sue categorie fondamentali.
    Qui per approfondire.↩︎

  3. Henri Bergson (Parigi, 18 ottobre 1859 – Parigi, 4 gennaio 1941) è stato un filosofo francese, premio Nobel per la Letteratura nel 1972.La sua opera, innovativa rispetto allo spiritualismo e al positivismo ottocenteschi, influenzò profondamente psicologia, biologia, arti, letteratura e teologia.
    Qui per approfondire.↩︎

  4. Bernard Stiegler (Villebon‑sur‑Yvette, 1 aprile 1952 – Épineuil‑le‑Fleuriel, 6 agosto 2020) è stato un filosofo francese che ha indagato il rapporto fra tecnologia, lavoro e condizione umana. Celebre per il ciclo La technique et le temps (La tecnica e il tempo) — in particolare il primo volume, La faute d’Épiméthée (La tecnica e il tempo Vol.1 - La colpa di epitemeo).
    Qui per approfondire.↩︎

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