Author: Anders Ge.
Un “piccolo grande crimine musicale”, così Iggy Pop definisce Pawn Heart in un’intervista di qualche anno fa. E il quarto disco dei Van Der Graaf Generator è di fatto un crimine di incommensurabile bellezza.
Chiarisco subito: Pawn Hearts, il quarto album degli inglesi Van der Graaf Generator, rappresenta il vertice più alto di tutta la loro produzione ed è un capolavoro!
Non solo, Pawn Hearts è sicuramente l’apice raggiunto dal Rock Progressivo anni ’70. E robabilmente lo è anche ad oggi, nella totalità della produzione del genere.
Un disco duro, allucinato ed allucinante, che non si esime però da momenti di forza e sublime poesia melodica. Un disco che può risultare incomprensibile o per lo meno di non facile comprensione a molti, specialmente a chi sottostà ai soli canoni della più formale estetica.
L’organo di Hugh Bunton, che fa uso anche del Mellotron e del sintetizzatore ARP, il sax di David Jackson e le pirotecniche fantasie della batteria di Guy Evans avvolgono in modo perfetto la sfaccettata e drammatica voce di Peter Hammill, leader e songwriter del gruppo, vero maestro del dramma e dello stato d’animo cantato, creando così una perfetta alchimia tra le parti che riesce sempre a sottolineare, con assonanti combinazioni e struggenti melodie, la grandezza dell’insieme. Nella formazione manca la chitarra, particolarità della band in un genere che fa delle sei corde lo strumento portante. Trova così posto la chitarra di Robert Fripp, leader dei King Crimson ed ospite illustre, mai invasivo ma sempre incisivo.
Van der Graaf Generator (1971)
Pensato in origine come un album doppio, per probabili questioni economiche dovute a costi di produzione elevati, l’idea venne poi abbandonata in favore del disco singolo su cui trovarono posto tre brani: Lemmings (including Cog) e Man-ERG sul Lato A ed A Plague of Lighthouse Keepers sul Lato B. Il secondo vinile avrebbe invece dovuto comprendere delle composizioni individuali dei singoli membri della band, più delle registrazioni live in studio di vecchi brani.
Il disco si apre con il dark e psichedelico Lemmings (including Cog), nel quale Hammill parla della tendenza autodistruttiva dell’essere umano, il non sviluppare una propria idea, una propria coscienza, per allinearsi con la massa. Da qui il riferimento nel titolo ai piccoli roditori artici (i Lemmings, appunto) i quali, secondo una leggenda, si suicidano in massa gettandosi nelle gelide acque dell’oceano 1. Le melodie sofferte della drammatica voce di Hammill vengono “attraversate” con forza dal sax di Jackson e dall’organo di Banton, che insieme alla pirotecnica ritmica di Evans sferzano tutto il brano intrecciandosi con estrema efficacia tra di loro, donando una perfetta atmosfera psichedelica e drammatica all’insieme.
Peter Hammill
La successiva Man-ERG prende il via con una romantica melodia voce/pianoforte, che cresce fino a lasciare il posto ad una sezione aspra ed acida, quasi violenta, in netto contrasto con la precedente per poi tornare sui propri passi con un’altra melodia che ci accompagnerà di nuovo sui primi passi del brano fino alla crescente conclusione. Grande protagonista il sax che, coadiuvato dal suono dell’organo, sottolinea momenti di dolce melodia con altri di acida forza dove anche la batteria impone la sua presenza. Magistrali gli interventi, misurati nella durata ma grandi nella “presenza” quasi schizofrenica, della chitarra di Robert Fripp. In questo brano, il songwriter riflette sull’essenza più intima dell’uomo, sulle molteplici parti opposte e contrapposte che ne compongono l’animo e che ne determinano l’essere ma che non ci fanno capire chi in realtà siamo. I primi due pezzi ci introducono al terzo e conclusivo brano, A Plague of Lighthouse Keepers, una lunga suite di 23 minuti (da notare che anche i precedenti superano comunque i 10 minuti). Qui Hammill ci racconta della solitudine dell’uomo, della sua impotenza verso il destino e della sua disperazione che lo pervade ineluttabilmente. Divisa in dieci parti, ognuna delle quali caratterizzata da diversi stili Progressive, che si susseguono l’uno come lo sviluppo del precedente, fino ad arrivare al crescente finale. Momenti strumentali, psichedelia, improvvisazioni jazz e molto altro ancora, caratterizzano questa suite che rivela la simbiosi che guida i quattro musicisti in un perfetto ed ispirato sincronismo. Anche qui ritroviamo l’inconfondibile suono e lo stile della chitarra di Robert Fripp, che contribuisce in modo molto incisivo a dare carattere dove necessario, sempre con la giusta forza ed i perfetti passaggi. Su tutto c’è però la voce allo stesso tempo drammatica e forte, poetica e dolce di Peter Hammil che, come un magistrale direttore d’orchestra, dirige l’insieme e lo porta a compimento.
Van der Graaf Generator (1971)
Quando nel 2005 la discografia del gruppo venne rimasterizzata in CD, Diminutions, Ponker’s Theme ed Angle of Incidents, parte del materiale non pubblicato in precedenza, furono recuperate ed inserite come bonus tracks. Questa versione è arricchita anche dalla presenza di altri due brani: W e la celebre Theme One, brano strumentale composto nel 1967 come sigla ufficiale di BBC 1 da Sir George Martin (produttore dei Beatles ed arrangiatore delle loro parti orchestrali). In origine presente solo nelle versioni del disco uscite negli Stati Uniti e Canada, Theme One fu edito in Europa come 45 giri di cui W era il Lato B.
Van der Graaf Generator
Pawn Hearts è un disco scuro ed oscuro, drammatico, una riflessione sulle paure le angosce e la solitudine dell’uomo, pedina impotente del fato. Non un facile ascolto. Necessita di più passaggi per essere assimilato, compreso ed apprezzato come merita. Questo al di là del gusto personale e dell’amore che si può provare la prima volta (come accaduto al sottoscritto). Si tratta di un esponente del genere assolutamente non convenzionale, che con poetica passione mette in scena un dramma dell’anima, con sonorità che possono sembrare in alcuni casi isteriche e lontane da tutto ma sono in realtà assolutamente ricercate e pensate.
È arte messa in musiche e parole, senza sconti e concessioni a nulla e nessuno, come d’abitudine per la band.
Ed è probabilmente per questo motivo che i Van der Graaf Generator non raggiunsero quel meritato successo presso il grande pubblico come altri gruppi contemporanei, certamente più rassicuranti. Ma allo stesso tempo, proprio questa maturità li rende molto più moderni degli altri, anche al giorno d’oggi, sia dal punto di vista di composizione musicale che di testi e tematiche.
In un’epoca come quella odierna in cui quasi nessuno incide con l’idea di lasciare un segno e l’uscita di un album ed il conseguente riscontro di critica non sono più minimamente sufficienti a garantire la diffusione dell’opera musicale, un disco come questo appare irripetibile.
Oggi chiunque può scrivere di o fare musica e lo fa, senza avere alcuna competenza in materia, alcuna consapevolezza di ciò che è stato. Quarant’anni fa e per i responsabili diretti di questo piccolo-grande crimine musicale di nome Pawn Hearts le cose funzionavano ben diversamente.
Iggy Pop
All’uscita il disco non fu accolto benissimo nella natia Inghilterra, come anche negli Stati Uniti, per venire successivamente ampiamente riabilitato e rivalutato a capolavoro incompreso. Riscosse invece un grande successo in Italia, dove rimase in vetta alle classifiche di vendita dei 33 Giri raggiungendo anche il primo posto per più di dieci settimane, vendendo circa duecentomila copie durante il primo anno e portando la band ad esibirsi in un lungo tour nel nostro paese.
Pawn Hearts è la summa dei Van der Graaf Generator e soprattutto del Progressive Rock stesso, che ne ha spostato in avanti l’asticella dell’eccellenza.
Allora come oggi.
Van der Graaf Generator "Theme One" (1971)
Van der Graaf Generator
Pawn Hearts
progressive rock
psychedelic rock
Charisma Records
ottobre 1971
Van der Graaf Generator
Hugh Banton: organo, pianoforte,
Hammond e Farfisa,
Mellotron, basso, sintetizzatore ARP,
voce
Guy Evans: batteria, timpani,
percussioni, pianoforte
Peter Hammill: voce, chitarra acustica,
pianoforte elettrico, slide guitar,
pianoforte
David Jackson: sassofono tenore,
contralto e soprano,
flauto, voce di supporto
Robert Fripp: chitarra elettrica in:
Man-Erg
A Plague of Lighthouse Keepers
track list
1 Lemmings (including Cog) - 11:37
2 Man-ERG - 10:20
3 A Plague Of Lighthouse Keepers - 23:04
including:
a Eyewitness
b Pictures Lighthouse
c Eyewitness
d S.H.M.
e Presence Of The Night
f Kosmos Tours
g (Custard’s) Last Stand
h The Clot Thickens
i Land’s End (Sineline)
j We Go Now
bonus tracks della versione rimasterizzata del 2005
4 Theme One (original mix) - 3:15
5 W (first version) - 5:04
6 Angle Of Incidents - 4:48
7 Ponker’s Theme - 1:28
8 Diminutions - 6:00
In realtà non è affatto così, ma solo il frutto di grandi migrazioni di massa derivanti da periodici boom demografici che, a causa della ressa, coinvolge alcuni roditori in cadute accidentali in corsi d’acqua durante la frenetica ricerca di nuove terre. Per questa credenza si deve invece “ringraziare” un “documentario” di fine anni Cinquanta della Disney dove vennero montate “ad arte” delle scene per lasciare intendere che i roditori si lanciassero deliberatamente nelle acque, andando così incontro a morte certa.↩︎