Author: Anders Ge.
Una graffiante satira sul mondo della politica nella Russia della guerra fredda. E non solo quello…
Mosca, marzo 1953, l’Unione Sovietica ormai da più di vent’anni vive nel terrore delle epurazioni e dei Gulag. Iosif Vissarionovič Džugašvili che il mondo ha imparato a conoscere come Iosif Stalin, muore in seguito ad un’emorragia cerebrale.
Ha inizio una guerra senza esclusione di colpi all’interno dell’establishment direttivo staliniano per la successione alla guida dell’URSS.
Georgij Malenkov, Georgij Žukov, Vjačeslav Molotov, ma soprattutto Nikita Kruščëv e Lavrentij Berija, si affronteranno per contendersi la carica di quello che sarà il futuro Primo segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica.
Adrian McLoughlin (Iosif Stalin)
Film satira sui regimi totalitari diretto dal regista scozzese Armando Iannucci, Morto Stalin, se ne fa un altro (2017) è tratto dal fumetto francese La Mort de Staline (Dargaud, 2 volumi, 2010 e 2012), di Fabien Nury e Thierry Robin — pubblicato in Italia da Mondadori con il titolo La Morte di Stalin (2016).
Dopo aver attaccato il capitalismo con il precedente In The Loop (2009) e l’establishment politico con due serie di sua ideazione, quello americano in Veep (2012-in corso, in Italia come Veep — Vicepresidente incompetente) e quello inglese in The Thick of it (2005-2012, identico in Italia), Iannucci volge in questo film il suo sguardo ad est per raccontare la dittatura comunista con i toni graffianti di una commedia nera.
Così, alla morte di Stalin (Adrian McLoughlin), ecco scendere in campo Melenkov (Jeffrey Tambor), fantoccio del partito e vice del dittatore, Žukov (Jason Isaacs), l’osannato eroe vincitore nella battaglia di Stalingrado, il ministro degli esteri Molotov (Michael Palin), i due figli di Stalin, Svetlana (Andrea Riseborough) e l’alcolizzato Vasilij (Rupert Friend), ma soprattutto Kruščëv (Steve Buscemi), figura centrale negli anni a venire e Berija (Simon Russel Beale), sadico capo dell’intelligence russa, il Commissariato del popolo per gli affari interni, tristemente conosciuta anche come NKVD (dalle cui ceneri nascerà, nel 1954, il KGB) e responsabile delle liste della morte, con cui il regime si sbarazzava dei numerosi “nemici del popolo”.
Steve Buscemi (Nikita Kruščëv)
Il regista si dimostra sempre abile nel saper deridere l’assurdità fattasi realtà di tutti i giorni, pur rimanendo sempre su di un livello reale (e realistico), ridicolizzando le manie di grandezza e la boria di quei potenti che, nella loro presunta grandezza, non fanno altro che mostrare grettezza e meschinità. Persone di grande autorità, ma estremamente piccole dentro.
E così che Stalin muore, proprio nel momento in cui il regime sta vivendo il suo momento più spaventoso. Tra uccisioni indiscriminate decise come se nulla fosse e i morti sempre più numerosi, un ictus lo porta via.
Non come un grande eroe, ma come un uomo qualunque.
Il film ha, nella prima parte, un ritmo vivace e sostenuto, retto da battute intelligenti e graffianti, che non danno respiro e che bene immergono lo spettatore nelle atmosfere di surreale paura che vigeva in quegli anni (e in tutti gli ambenti). Dove una parola fuori posto, o semplicemente invisa in quel momento, poteva essere l’anticamera di una fine prematura della propria carriera, quando andava bene, o più spesso della vita stessa.
Nella seconda parte le battute si attenuano e il ritmo della pellicola cala, per favorire una visione riflessiva di calma che è solo apparente: saranno questi, infatti, i momenti cruciali che decideranno le sorti della futura leadership politica della Grande Madre Russia e di chi, invece, cadrà in disgrazia.
Un gioco continuo di cospirazioni, che i partecipanti attuano senza esclusione di colpi, accumunati da una sete del potere che annebbia la mente e corrompe l’anima.
(da sinistra) Michael Palin (Vjačeslav Molotov), Paul Whitehouse (Anastas Ivanovič Mikojan), Steve Buscemi (Nikita Kruščëv) e Jeffrey Tambor (Georgij Melenkov)
Quella di Iannucci è una satira dove tutto è esasperato, eppure nulla risulta assurdo. I giochi e le falsità messe in campo dai personaggi restituiscono un senso di verità e coerenza, specialmente in relazione al desiderio di potere e ad alla sensazione di onnipotenza dell’establishment russo, dopo la morte del leader supremo e al conseguente vuoto di potere venutosi a creare (cosa che accomuna buona parte della classe politica in generale - pur con le dovute misure, ovviamente - come il regista ama sottolineare con i suoi lavori).
Ma soprattutto, il film rimane sempre all’interno della coerenza storica, alla quale concede solo qualche eccezione per necessità di sceneggiatura, senza comunque travisarne i fatti.
Simon Russel Beale (Lavrentij Pavlovič Berija) e Jeffrey Tambor (Georgij Melenkov)
Armando Iannucci mette in scena un film con una sceneggiatura ed una regia convincenti, dove la forza dei dialoghi travolge irresistibilmente, anche grazie ad uno straordinario cast di attori di talento che, oltre alla presenza di interpreti di spessore (tra cui l’ex Monthy Python Michael Palin, l’esperto del palcoscenico Adrian McLoughlin e l’ottimo Jason Isaacs) vede, al centro della scena, gli strepitosi Simon Russell Beale e Steve Buscemi che con la loro interpretazione rendono memorabile lo scontro tra i due principali contendenti al trono, Lavrentij Berija e Nikita Kruščëv.
Spingendo sul lato drammaticamente “comico” di situazioni esasperate, al limite del paradossale ma tristemente reali, Iannucci combina sapientemente veridicità storica con licenze di sceneggiatura che però non alterano la conformità e la drammaticità degli avvenimenti e anzi ne accentuano il peso.>br> Ogni risata (e se ne fanno parecchie) cela un senso di tragica e surreale impotenza di fronte all’arroganza di queste figure che ci appaiono fin troppo simili a molte di quelle che (pur con le debite proporzioni) possiamo vedere anche oggi, nei parlamenti di tutto il mondo (e la cosa non rassicura).
Armando Iannucci
Unico appunto che mi sento di fare al film del regista scozzese sta nell’affrontare e mostrare i tragici avvenimenti che hanno afflitto il popolo russo, con divertito e quasi superficiale “disinteresse”, un linguaggio spinto, sadico e distaccato da tutto quello che accade e senza un vero approfondimento che, nonostante il suo fine sia quello di voler prendersi gioco della casta politica russa (obiettivo che tra l’altro centra in pieno), fa sorgere qualche perplessità sull’approccio ad eventi così tragicamente terribili.
Nonostante questo, il film convince e riesce a far riflettere.
Ora resta da vedere se avrà il permesso di essere distribuito anche in Russia, o se sarà invece censurato — come da più parti previsto.
l’establishment direttivo staliniano al completo (e il leader supremo morto)
Morto Stalin, se ne fa un altro (Trailer Italiano Ufficiale)
Morto Stalin, se ne fa un altro
(The Death of Stalin)
Francia, Regno Unito, Belgio
2017
(2018 in Italia)
regia:
Armando Iannucci
soggetto:
Fabien Nury, Thierry Robin
(dal loro fumetto La Mort de Staline)
sceneggiatura:
Armando Iannucci, Ian Martin,
David Schneider, Peter Fellows
cast:
Steve Buscemi: Nikita Chruščëv
Simon Russell Beale: Lavrentij Berija
Paddy Considine: Andrej Andreev
Michael Palin: Vjačeslav Molotov
Jeffrey Tambor:
Jason Isaacs: Georgij Žukov
Rupert Friend: Vasilij Iosifovič Džugašvili
Olga Kurylenko: Marija Judina
Andrea Riseborough: Svetlana Stalin
Paul Whitehouse: Anastas Mikojan
Paul Chahidi: Nikolaj Bulganin
Adrian McLoughlin: Iosif Stalin
Dermot Crowley: Lazar Kaganovič
commedia nera,
satirico,
storico, biografico
widescreen
Colore
106 min.