Author: Anders Ge.
Dopo aver ridefinito l’immagine dei supereroi con Watchmen, Alan Moore riscrive il genere Horror con Providence.
“12 aprile 1919
Caro Jonathan,
che nottata! Sarei rimasto in eterno ad ascoltarti mentre leggevi Huysmans. Sembrava quasi che stessi aprendo un varco tra le parole per raggiungere una realtà ulteriore. Quanto a quello che è successo dopo (e sai a cosa mi riferisco, monellaccio), son stati i momenti più meravigliosi di tutti. Sembravi un animale selvatico e…”
Dopo aver riscritto e ridefinito il significato e l’immagine dei Supereroi con il fondamentale Watchmen, Alan Moore compie la stessa operazione con il genere Horror e lo fa con un’opera magistrale intitolata Providence; maxi-serie in 12 numeri edita da Avatar Press, ad ora arrivata all’undicesimo numero (il dodicesimo è previsto per il marzo 2017) e proposta in Italia da Panini Comics in tre (usciti due) ottimi volumi della linea HD.
Moore prosegue la sua escursione nell’immaginario letterario di quello che si può considerare il più influente autore horror, H.P. Lovecraft, iniziata con il racconto Il Cortile (poi trasposto in fumetto) e proseguita con Neonomicon (di cui avrò modo di parlare un’altra volta) e con Providence ne scrive una sorta di prequel/sequel. Sequel perché è l’ultimo in ordine di tempo, prequel perché la storia si svolge nell’America del primo dopoguerra, quella del proibizionismo, del forte razzismo e del nazismo incombente, del perbenismo che cela dietro la sua facciata devianze e perversioni, della repressione di tutto ciò che è diverso, che è “deviato” e non convenzionale.
Ed è in questo scenario che il Bardo di Northampton ci racconta, con particolare dovizia storica mescolata al Pantheon dello scrittore americano (che non a caso è nato e morto proprio a Providence), la storia di Robert Black. Giovane giornalista dell’Herald di New York, ebreo ed omosessuale, Black decide di indagare su di un libro maledetto, il Libro di Hali, che si dice faccia perdere il senno fino alla pazzia a chiunque lo legga. Alla ricerca di informazioni per scoprire la verità a riguardo, comincia a fare ricerche che lo porteranno ben presto nei meandri di un’America sconosciuta, quella che Moore chiama America invisibile, fatta di strani personaggi, sette come il misterioso Culto della Stella Sapiente, esseri che non paiono umani. Questa ricerca della conoscenza lo porterà a viaggiare attraverso alcune località dell’America ed a venire a conoscenza di verità ed orrori di cui non avrebbe mai immaginato l’esistenza, che porteranno Robert a rendersi conto che il mondo non è quello che ha sempre creduto fosse, nonché anche a conoscere parti di sé, della sua sessualità e del suo essere, che non lo lasceranno più come prima. Black troverà molte terribili domande alle quali però non saprà (ancora) dare risposte.
Questi due volumi sono un crescendo di orrore che comincia in modo soffuso, quasi nascosto, nel primo, per poi mostrarsi sempre più tangibile e concreto (quasi disturbante) nel secondo.
Moore gioca sapientemente con l’immaginario di Lovecraft, descrivendo un mondo in cui nulla è come sembra e non è necessariamente (solo) il soprannaturale ad essere terribile.
Ancora una volta, il Magus riesce a delineare una trama potente e perfettamente intrecciata che alza, poco per volta, un velo su di una verità terribile, forse insopportabile sull’umanità e l’incapacità di capire e (soprattutto) accettare tutto quello che va oltre la propria concezione delle cose. Oltre, cioè, a quella che viene definita “l’umana concezione”. E Robert Black è il tramite con il quale Moore ci mostra questa umanità.
Providence è tutto questo ed anche di più. Un’opera complessa che si presta a così tanti strati di lettura, alcuni più evidenti ed altri di carattere più “personale”, che non sarebbe possibile approfondire se non occupando pagine e pagine di fitta scrittura.
A completare quest’opera ci sono, ancora una volta, i magistrali disegni di Jacen Burrows (già anche su Il Cortile e Neonomicon), qui colorato dall’ottimo Juan Rodriguez che con i suoi colori ne esalta ancora di più le capacità. Perfetto con la sua pulizia e l’estremo rigore storico nel delineare le ambientazioni ed i personaggi, come anche i momenti più crudi e propri del genere horror, la sua costruzione delle tavole ha la capacità di immergere ancora di più il lettore nell’incubo ideato dallo scrittore inglese.
Providence non è una lettura per tutti; è decisamente impegnativo, denso di pensieri del protagonista nonché di un’appendice in prosa inserita alla fine di ogni capitolo della storia e di pezzi di opuscoli e scritti che insieme aiutano a rendere il tutto molto vero, quasi tangibile. Così come non si tratta di una lettura da “tutto d’un fiato”, ma piuttosto una da prendere un poco alla volta, gustandone la pregiatezza e lo spessore, senza fretta. Al tempo stesso, però, non si tratta neanche di una lettura noiosa, anzi, tutt’altro; sarete infatti sempre in costante tensione e la suspense non vi lascerà mai, anche nei momenti più “calmi” della storia.
Lasciatemi poi spendere due righe anche sull’edizione italiana che, oltre ad essere estremamente curata nel formato, con gli ottimi volumi cartonati della serie HD di Panini Comics, si avvale anche dell’eccellente lavoro di traduzione e adattamento di Leonardo Rizzi, chiamato ad una prova non facile vista la complessità dei testi, ma superata abilmente.
Per finire e come già detto in apertura, la capacità dell’autore britannico di (ri)scrittura che, ancora una volta, lo porta a ridefinire in modo indelebile un genere, quello horror, così come aveva già fatto in precedenza con quello supereroistico nella seconda metà degli anni Ottanta con il mai troppo osannato Watchmen, non fanno che confermare, una volta di più e se mai ce ne fosse davvero bisogno, la genialità dell’autore britannico.
In ogni caso, Alan Moore è il più grande autore di comics vivente e di sempre.
Punto.